“Fate entrare il venerando maestro” ordinò
l’imperatore seduto sul letto di morte. L’artista si presentò al suo cospetto e
si chinò a baciare le onorevoli babbucce imperiali.
“Avete riflettuto sul vostro compito?” chiese
l’imperatore con un rantolo di voce. I suoi baffi filiformi, lunghi fino alla
crosta dell’ombelico, erano immobili come stalagmiti, l’espressione del volto
era inesplorabile, i solchi sul viso erano letti di fiume lavico, il torso
un’esile punta di roccia.
“Ho indegnamente riflettuto.” disse il venerando
maestro “Sua Vertiginosa Altezza mi ha chiesto di fondare una forma d’arte che
possa ricordare il Suo nome e il Suo impero alle civiltà che verranno.”
“Tale è il mio desiderio.” spifferò la voce
imperiale aprendosi un varco fra le stalagmiti.
“Io dunque propongo a Sua Infinità di promuovere
una nuova forma di scrittura.”
“Un’altra?” alitò l’imperatore.
“Sì, ma questa sarà una scrittura sciolta. Non sarà
l’inchiostro a seccarsi sulla pergamena. Non sarà lo scalpello a incidere la
pietra. Sarà l’acqua, invece, la pagina su cui versare il colore. Ha mai
riflettuto, Sua Eternità, sul colore dell’acqua?”
“L’acqua non ha colore” decretò il sovrano.
“L’acqua
prende i colori delle cose su cui scorre, che intorno a lei si muovono, che dal
cielo lontano si specchiano. E questi colori si sciolgono, si dilatano, si
contraggono, e le forme si torcono, si distorcono e si riformano, in
continuazione, senza fissità. Ogni parola che verrà messa per iscritto in un
istante, un istante dopo sarà sciolta in una nuova forma; nel giro di qualche
secondo, una poesia potrà divenire legge per poi erigersi a sistema filosofico
e improvvisamente mutarsi in dramma o appunto o trattato.”
“Affascinante” fiatarono le labbra imperiali, tutto
il resto restando immoto. “E come potrebbe mai avvenire questo miracolo?”
“Le acque dei fiumi saranno le nostre biblioteche.
Per nostra fortuna – e certamente per l’efficacissima intercessione di Vostra
Entità Imperiale con la divinità – ne abbiamo grande abbondanza. Quella che per
me sarà poesia, scritta su un versante del fiume, per un altro che legge
dall’altro versante sarà un trattato di logica matematica. Tutto ciò avverrà a
onore del fluire, del divenire, del creare, e in definitiva, della vita
stessa.” concluse l’artista chinando il capo.
Le palpebre imperiali franarono come macigni
sull’apertura di due grotte. Pareva assopito sul vertice di una piramide
millenaria, costruita su pietre granitiche, su testi sacri inconfutabili, su
leggi perfette immodificabili, sulla reverenza verso avi sapienti, inventori di
regole eterne, che fin dalla remota età d’oro della fondazione dell’impero
furono sanguinosamente fatte rispettare. Senza che un solo baffo calcareo si
mosse, esalò di fronte al gran generale dell’esercito le sue ultime elevatissime
parole:
“Sia condannato a morte.”