mercoledì 21 dicembre 2011

La macchina della luce


Il viandante, con voce tremula infreddolita, finalmente parlò.
“Vi prego, accoglietemi fra voi. Non ho più intenzione di fuggire dal calore della vostra macchina. Contribuirò, anzi, a farla funzionare. Mi basta questo, credete, un po’ di caldo e un po’ di luce.”
Il direttore dei lavori squadrò il viandante in tutta la sua lunghezza. “Sei cresciuto in tutto questo tempo” disse, “ci hai lasciato sbarbatello in cerca di avventure e adesso torni in cerca di sicurezza. Dicono che sia segno di maturità.”
“Posso parlare con onestà? Sono partito perché non sopportavo i saccenti professori sacerdoti innamorati di questa meravigliosa macchina produttrice di luce, che davano ben più importanza alla macchina che alle cose illuminate. Mi struggevo nel vedere i loro discepoli venerare la macchina miracolosa e credere che tutto il conoscibile fosse circoscritto qui, entro il suo raggio luminoso.”
“Nessuno ha mai creduto che la macchina sia in grado di illuminare tutto.”
“Però tutti si comportano come se ci credessero, come se questo fosse l’unico strumento che abbiamo a disposizione per guardarci intorno.”
“E’ l’unico strumento che conosciamo.”
“Nessuno ha mai avuto la curiosità di inventarne altri. E io sono partito per questo, per provare a cercare nuove macchine, nuovi punti di vista, nuovi orizzonti conoscibili, nuove interpretazioni.”
“Decisione avventata, tipica di un giovane idealista” commentò il direttore dei lavori porgendogli uno strofinaccio. “Lucida bene questa rotella, per cortesia.”
“Ho esplorato con passione indefessa,” proseguì il viandante cominciando a lucidare, e con una punta di dignità nella voce tremolante aggiunse: “Posso almeno sostenere, come risultato della ricerca, che voi non potete avere alcuna idea di quanto è immensa l’oscurità. Se aveste almeno una vaga idea di questa immensità, non potreste più attribuire alla vostra macchina alcuna importanza.”
“Perché sei tornato, allora, se non hai fede nella nostra macchina?”
“Sono tornato per non morire. Non tutti hanno la fortuna di vivere in epoche di scoperte, rovesciamenti, innovazioni. E per parte mia, ho scoperto di non avere la statura dello scopritore.”
“Nessuno di noi ce l’ha” riconobbe il direttore dei lavori con voce consolante, porgendo al viandante un flacone d’olio, “Ma almeno, noi non abbiamo perso una vita a fingerci scopritori. Abbiamo preso fin da giovani la giusta misura delle nostre possibilità. Adesso lubrifica, ragazzo, è importantissimo lubrificare, altrimenti l’ingranaggio si inceppa.”
Improvvisamente la luce si spense, il direttore dei lavori imprecò, insultò i lavoranti per aver male eseguito le sue istruzioni, se la prese col viandante per non aver saputo oliare opportunamente l’ingranaggio. Restarono tutti appesi al metallo ancora caldo, senza sapere che fare, come risolvere la crisi, mentre la signora Marisa, chiuso il libro, rientrava in casa a dormire.

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