mercoledì 14 marzo 2012

Dura lex



Diversi strati di maglie e cappotti facevano apparire il barbone come un armadio ambulante. Bastava un solo movimento della mano a liberare un effluvio di latrina impastata ad alcool e chissà a quale altra esotica essenza corporea. E la mano si muoveva eccome! Era un continuo scribacchiare appunti su un quaderno logoro poggiato su un tavolino raccolto fra i rifiuti dell’immondizia. Davanti al barbone, sul passaggio d’asfalto lungo il fiume, ai margini della città, era una fila di miserabili, pazienti e infreddoliti.
Il signor Tronchetti, quando si trovò di fronte all’armadio scribacchino, cercò all’inizio di trattenere il respiro, ma capì subito che respirare senza svenire doveva costituire parte della prova.
“Ho visto il tuo curriculum” biascicò il barbone senza guardarlo negli occhi. L’odore dell’alcool metabolizzato diede al signor Tronchetti un bruciore al fegato. “Qui c’è scritto che sei stato classificato allievo di fascia A sia alle elementari che alle medie. Poi hai fatto il liceo in un collegio svizzero, ottenendo un diploma di maturità a pieni voti. Infine una laurea tedesca con lode e bacio accademico.”
“E’ esatto” riuscì a dire Tronchetti.
“Poi sei stato manager esecutivo di un’importante impresa multinazionale.”
“E’ esatto.” Squittì il signor Tronchetti deglutendo una goccia di saliva amara.
“E perché hai perso il lavoro?” inquisì il barbone, questa volta rivolgendo al signor Tronchetti un’occhiata liquida e iniettata di sangue.
“Perché non sono riuscito a far salire le quote azionarie al di sopra dell’obiettivo prestabilito per la fine dell’anno fiscale.”
“E dopo aver perso il lavoro non sei riuscito a riqualificarti? Sai com’è, la flessibilità….”
“Ci ho provato, dottore. Ho provato a fare il musicista, il filosofo, il matematico. Ho anche aperto un blog di racconti ma sul web nessuno viene a farmi visita. Sono un perfetto anonimo.”
“Hai provato col porno?” suggerì il barbone, “Ma no…. con quella faccia… caro mio sfigato, la legge del mercato è dura ma è la legge! Dimmi, per quale ragione dovrei fidarmi di te?”
“Perché…” La voce del signor Tronchetti diventò affannata e supplichevole. “…non so più dove andare….. ho dovuto vendere la casa a un prezzo stracciato…  e sono ancora carico di debiti….”
Il barbone finì di compitare sul quaderno. Scriveva come un bambino delle elementari, alzando continuamente i gomiti e generando crescenti ondate del suo olezzo calorifico. Poi dichiarò:
“Mi spiace, non sei abbastanza qualificato. Su questa strada non c’è posto per te. La concorrenza… sai com’è…. Vai a dormire da qualche altra parte.” E a voce più alta scatarrò: “Avanti il prossimo”.
Il signor Tronchetti si avvicino al limite della lingua d’asfalto, diede un’ultima occhiata alle ciminiere su cui un tempo aveva comandato, poi si voltò verso le macchine parcheggiate al confine tra la civiltà e l’ignoto. Sospirò e si risolse per il fiume. Lo schiocco del ghiaccio che si infrange fece tendere l’orecchio al barbone. La leggera torsione del suo collo di crostaceo fece piegare in due il candidato successivo.

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