La platea
sobbalzò sulle sedie vellutate della camera dei congressi quando vide Tortilla
salire sul palco. Avevano appena parlato scattanti candidati premi Nobel,
in competizione reciproca fondata
non tanto sulla produzione di idee originali, quanto sull’abilità di fare
vorticare nozioni alquanto ostiche con apparente nonchalance. Più incomprensibile era il loro intervento, più forti
erano gli applausi. Erano intervenute anche eleganti signore pittate,
fieramente impalate sui tacchi, il cui ruolo principale, però, consisteva
nell’aggirarsi tra le sedie e nella hall durante il coffee break, con l’aria
delle donne tutt’altro che ignote, ad arricchire le dotte conversazioni con la
loro conturbante presenza.
La
conferenza era dedicata alla misurabilità, concetto assai delicato, poiché,
come tutti sanno, non tutto nel mondo reale è misurabile. Ma era appunto lo
scopo di questo convegno cercare di prendere le misure corrette a problemi
inediti, o almeno, poiché ciò non è possibile,
costringere i problemi inediti a entrare nelle vecchie misure, o almeno,
poiché neanche questo è possibile, cercare di ritoccare le vecchie misure in
modo che sembrino nuove di pacca e diano l’impressione di potere catturare e
intrappolare i problemi inediti, o a limite, caso disperato ma non da escludere, rinunciare del tutto a parlare dei problemi inediti.
Fu così che
la platea rimase profondamente turbata nel veder salire sul palco Tortilla,
vestita di stracci e pezze, ma soprattutto obesa, sfrontatamente obesa. Mentre
lei ridacchiava beffarda in attesa del microfono, non uno solo dei presenti
poté evitare di pensare: e questa chi l’ha fatta entrare? Con tutti i sistemi
di sicurezza fatti di chip magnetici, controlli di identità, metal detector,
questa qui, con la sua borsa sospetta, è entrata senza che nessuno la fermasse?
Tortilla
intanto era riuscita a catturare il microfono, si schiarì la voce, pretese il
rispettoso silenzio che era stato concesso a tutti i precedenti interventi, e
poi scandì, lentamente, le poche semplici parole:
“Non –
avete – capito – niente.”
E restò
fissa a guardare in faccia, uno ad uno, tutti i convenuti. Nessuno ebbe il
coraggio di prendere la parola, e per un minuto intero regnò il silenzio e
l’immobilità. Ognuna delle intelligenze riunite cercò di metabolizzare
l’evento, di dare un significato alla presenza di quell’essere fuori contesto e
fuori misura. Anche coloro che amavano parlare veloci per non farsi capire
meglio, presi alla sprovvista, tacquero, e quel loro silenzio spiazzò i loro
colleghi ben più dei loro pimpanti interventi. Li spiazzò perché tutti, per la
prima volta, ebbero l’impressione di capirli davvero, adesso che tacevano, e di
non averli capiti prima quando blateravano di misurazione, rigore, austerità,
esattezza, precisione.
E se avesse
ragione l’obesa? Se davvero fossimo tutti fuori strada? Fu un breve minuto in
cui il dubbio si insinuò come un virus nella roccaforte di certezze
autoreggenti. Poi arrivarono gli anticorpi. Tortilla fu allontanata dalla
stanza, fu accompagnata in ascensore al piano terra, le fu sequestrato il pass
elettronico e fu spedita fuori dalla Tower, a scorazzare per le strade come un
volgare mortale senza voce.
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