mercoledì 8 febbraio 2012

Dialogo con l'antenato




Caro amico homo sapiens del passato, siamo tutti e due sapiens, sia tu che io, il mio cervello non è migliore del tuo, e se vogliamo dirla tutta, il mio fisico è certamente atrofico se confrontato col tuo, e già tu sei piuttosto deboluccio anche soltanto a confronto col fisico del tuo gattino, ma per una circostanza indecifrabile che distribuisce geni nel tempo io mi ritrovo oggi, senza averlo nemmeno voluto, a sapere infinite più cose di te, a muovermi come un topo nel formaggio in un patrimonio di conoscenze e informazioni che per te sarebbe indigesto e soffocante, a dedicare il mio tempo ad attività di cui tu non capisci nemmeno lo scopo e l’utilità (che certe volte, ti confesso, persino io faccio fatica a mettere a fuoco), e mi trovo qui, seduto, insieme ad altri studenti di altre parti del mondo, ad aggiungere un infinitesimo tassello di conoscenza alla montagna accumulata nei millenni, e mentre penso a te che non mi conosci nemmeno, ascolto e cerco di assorbire quanto più possibile di ciò che mi racconta un altro tuo discendente, un po’ più anziano di me, che adesso sta parlando biascicando consonanti e sputacchiando saliva, come forse parlavi tu quando eri in vita, e mentre lui parla io penso a come saresti orgoglioso tu nel sapere che un tuo discendente, in questo momento, sta trasmettendo ai suoi discepoli un sapere che tu non sai, e forse tu, se dal basso della montagna potessi vederlo parlare, ti consoleresti retroattivamente di tutto il sangue che hai visto versare in guerre contro clan rivali, e consoleresti i membri del tuo clan, compreso il riottoso stregone, del fatto che l’umanità ha dimenticato le vostre tradizioni, la vostra cultura, la giustificazione che siete riusciti a darvi della vostra stessa esistenza, ti consoleresti del fatto che la civiltà Europea (che tu non hai mai conosciuto) sia andata progressivamente falcidiando civiltà sparse per il mondo che non avevano inventato la ruota, l’aratro, l’alfabeto, la lancia, la polvere da sparo, il cannone, l’aeroplano, la bomba atomica e la bomba intelligente, e che avevano tuttavia l’incomprensibile pretesa di esistere; forse ti consoleresti, è vero, o forse penseresti, come spesse volte penso io, che le nozioni che mi sta trasmettendo il tuo discendente sono buone soltanto a distogliere l’attenzione dai problemi seri, dove al concetto di problemi seri possiamo dare un’accezione prettamente scientifica, e io sarei disposto a discuterne, oppure possiamo intendere ciò che intendi tu, più saggiamente di tutti noi avanguardisti del progresso, quando ritieni che i problemi seri debbano riferirsi a ciò che conta davvero nella vita, cioè mangiare dormire e copulare, ipotesi che ancora oggi in molti, me compreso, considerano degna di rispetto, e allora ti chiederesti, insieme a me, per quale ragione abbiamo costruito questa immensa montagna mostruosa che ci schiaccia e ci occlude la visione del cielo, se in fin dei conti lo scopo della vita era raggiungibile già ai tuoi tempi, magari anche con minor sforzo (con riferimento soprattutto al terzo obiettivo).
Il professor G. ha finito la sua lezione. Gli studenti si alzano, raccolgono gli appunti, li insaccano e si avviano verso la pausa pranzo. Arnaldo segue lentamente il movimento collettivo, comprendendo che ancora una volta, nonostante i buoni propositi, è riuscito a distrarsi.

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