Caro amico homo sapiens del passato,
siamo tutti e due sapiens, sia tu che
io, il mio cervello non è migliore del tuo, e se vogliamo dirla tutta, il mio
fisico è certamente atrofico se confrontato col tuo, e già tu sei piuttosto
deboluccio anche soltanto a confronto col fisico del tuo gattino, ma per una
circostanza indecifrabile che distribuisce geni nel tempo io mi ritrovo oggi,
senza averlo nemmeno voluto, a sapere infinite più cose di te, a muovermi come
un topo nel formaggio in un patrimonio di conoscenze e informazioni che per te
sarebbe indigesto e soffocante, a dedicare il mio tempo ad attività di cui tu
non capisci nemmeno lo scopo e l’utilità (che certe volte, ti confesso, persino
io faccio fatica a mettere a fuoco), e mi trovo qui, seduto, insieme ad altri
studenti di altre parti del mondo, ad aggiungere un infinitesimo tassello di
conoscenza alla montagna accumulata nei millenni, e mentre penso a te che non
mi conosci nemmeno, ascolto e cerco di assorbire quanto più possibile di ciò
che mi racconta un altro tuo discendente, un po’ più anziano di me, che adesso
sta parlando biascicando consonanti e sputacchiando saliva, come forse parlavi
tu quando eri in vita, e mentre lui parla io penso a come saresti orgoglioso tu
nel sapere che un tuo discendente, in questo momento, sta trasmettendo ai suoi
discepoli un sapere che tu non sai, e forse tu, se dal basso della montagna
potessi vederlo parlare, ti consoleresti retroattivamente di tutto il sangue
che hai visto versare in guerre contro clan rivali, e consoleresti i membri del
tuo clan, compreso il riottoso stregone, del fatto che l’umanità ha dimenticato
le vostre tradizioni, la vostra cultura, la giustificazione che siete riusciti
a darvi della vostra stessa esistenza, ti consoleresti del fatto che la civiltà
Europea (che tu non hai mai conosciuto) sia andata progressivamente falcidiando
civiltà sparse per il mondo che non avevano inventato la ruota, l’aratro,
l’alfabeto, la lancia, la polvere da sparo, il cannone, l’aeroplano, la bomba
atomica e la bomba intelligente, e che avevano tuttavia l’incomprensibile pretesa
di esistere; forse ti consoleresti, è vero, o forse penseresti, come spesse
volte penso io, che le nozioni che mi sta trasmettendo il tuo discendente sono
buone soltanto a distogliere l’attenzione dai problemi seri, dove al concetto
di problemi seri possiamo dare un’accezione prettamente scientifica, e io sarei
disposto a discuterne, oppure possiamo intendere ciò che intendi tu, più
saggiamente di tutti noi avanguardisti del progresso, quando ritieni che i
problemi seri debbano riferirsi a ciò che conta davvero nella vita, cioè
mangiare dormire e copulare, ipotesi che ancora oggi in molti, me compreso,
considerano degna di rispetto, e allora ti chiederesti, insieme a me, per quale
ragione abbiamo costruito questa immensa montagna mostruosa che ci schiaccia e
ci occlude la visione del cielo, se in fin dei conti lo scopo della vita era
raggiungibile già ai tuoi tempi, magari anche con minor sforzo (con riferimento
soprattutto al terzo obiettivo).
Il professor G. ha finito la
sua lezione. Gli studenti si alzano, raccolgono gli appunti, li insaccano e si
avviano verso la pausa pranzo. Arnaldo segue lentamente il movimento
collettivo, comprendendo che ancora una volta, nonostante i buoni propositi, è
riuscito a distrarsi.
Nessun commento:
Posta un commento